Nasceva il 10 ottobre 2008 Spotify, la piattaforma di streaming svedese che ha cambiato il modo di ascoltare la musica nel mondo.
Dieci anni di Spotify. La piattaforma di streaming musicale più famosa al mondo, ripercorrendo le orme di iTunes, nacque il 10 ottobre del 2008 in Svezia da un’idea di Daniel Ek e Martin Lorentzon. Da allora è stata una continua crescita.
Tra acri polemiche, Spotify è riuscita a farsi apprezzare nonostante il parere contrario di molti grandi artisti, come Prince, che fino alla propria morte non ha mai accettato di inserire sulla piattaforma le proprie canzoni. Un caso molto simile a quello, in Italia di Lucio Battisti, i cui successi non sono ancora disponibili su Spotify per volere di Mogol.
Spotify, una storia di successo
Nata come start up svedese nel 2006, la piattaforma di Spotify venne lanciata nel paese scandinavo due anni dopo, per arrivare negli Stati Uniti nel 2011 e in Italia solo nel 2013.
Alla base del suo successo l’intercettazione di un bisogno del grande pubblico che finora era stato soddisfatto solo da piattaforme illegali o dall’elitario iTunes, ovvero la riunione in un’unica grande libreria della gran parte della musica prodotta dalle maggiori case discografiche negli ultimi anni.
Con l’avvento della musica digitale, infatti, l’ascoltatore medio ha sempre più ricercato la possibilità di poter avere accesso ai file musicali, piuttosto che possederli attraverso un supporto fisico (come un cd o un vinile). Un ragionamento che iTunes aveva già fatto suo e che di lì a poco ha portato alla nascita di numerosi altri competitor, quali Deezer, YouTube Music o Amazon Music. Nessuno però è finora riuscito a scalfire il primato acquisito da Spotify.
Le playlist di Spotify
A rendere ancor più apprezzato il servizio offerto da Spotify è anche la possibilità di poter creare playlist personali da condividere con il pubblico.
Tutti abbiamo infatti delle playlist nella nostra vita, elenchi di canzoni, album o artisti che ci hanno accompagnati negli anni più importanti della nostra crescita. Per tutti, le canzoni delle proprie playlist sono le migliori al mondo, e Spotify permette di poterle condividere con gli altri. Una condivisione che non riguarda solo una manciata di canzoni, quanto piuttosto una serie di emozioni personali.
E forse è proprio questo il segreto del successo di Spotify. Un segreto conosciuto a tutti, ma che con grande probabilità permetterà alla piattaforma svedese di mantenere il proprio primato nel mondo della fruizione musicale per molti anni ancora.
Le critiche a Spotify
Eppure, non sono mancate e continueranno a non mancare in futuro le critiche alla piattaforma musicale più famosa del mondo. Una delle più importanti è quella secondo cui il successo di Spotify ha portato alla morte del disco, e quindi degli album per come eravamo abituati a intenderli. Oggi il mercato del disco fisico è caduto in una nicchia del 10% circa, contro il 75% dello streaming. Il pubblico ha fatto la sua scelta.
Ma la morte annunciata del disco e la vastità quasi illimitata dell’offerta dell’app svedese si starebbe traducendo, secondo alcuni, in una monotonia musicale clamorosa. Per avere successo, gli artisti devono ‘sottostare’ alle indicazioni dell’algoritmo per finire nel maggior numero di playlist possibile. Cosa vuol dire questo? La ricerca di una tremenda uniformità.
A confermarlo, le classifiche di ascolto del 2018, che vedono una quasi totale presenza di artisti hip hop nelle prime posizioni, sia nel mondo che in Italia. Artisti che, con tutta probabilità, finiranno presto nel dimenticatoio. Anche perché, secondo i più maligni, le star di oggi non sono costruite per restare, ma per arrivare, al contrario di quanto accadeva trenta o quaranta anni fa. La speranza è che si tratti solo di una visione eccessivamente pessimista dell’attuale situazione della musica mondiale.
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